La Città Eterna sicuramente ha avuto un ruolo centrale nell’opera di Fellini, la Roma della Dolce Vita, la Roma di Fellini, la Roma del Satyricon. La Città del Cupolone ha avuto un ruolo centrale, incalzante, onirico nell’opera di Fellini.
Tuttavia anche se molto rapidamente Roma gli è apparsa come la sua nuova patria, Fellini è nato, cresciuto ed è stato fortemente segnato da un altro luogo che spesso metteva in scena nei suoi film.
Fu a Rimini, in questa Romagna rivoluzionaria e impertinente, che Fellini nacque, nel 1920, e visse fino al 1938. Dovette poi fuggire da questo clima provinciale e raggiungere la capitale. Ma Fellini non ha mai dimenticato Rimini.
Nel pamphlet Contro Venezia, l’autore Régis Debray qualifica la Serenissima come “l’incontro più volgare delle persone di gusto”. Si sarebbe tentati di dire esattamente il contrario per Rimini. Dagli anni ’30, la città natale di Fellini ha optato per il turismo di massa, ma grazie al noto gusto romagnolo è rimasta un luogo ameno.
Noi tutti oggi associamo Rimini alle vacanze estive e all’ospitalità, alle ampie spiagge sabbiose, alle lunghe passeggiate sul lungomare, alla movida e alle innumerevoli strutture alberghiere, dai piccoli hotel 2 stelle di Marina Centro, fino ai grandi e lussuosi 5 stelle.
In realtà nella storica città coabitano due Rimini. La linea ferroviaria e la stazione tracciano una netta separazione, da un lato la Rimini storica, quella dei Malatesta e del Montefeltro, di Dante e delle piccole Repubbliche medievali, con le sue vestigia romane, il suo palazzo comunale, le sue fontane e le sue piazze gotiche, i suoi podestà, il suo orgoglio campanilista.
Qui, ogni angolo di strada testimonia questo glorioso passato. Leoni, statue, stemmi, porte borchiate e bifore. Dall’altra parte della ferrovia tutto cambia. Verso Piazza Fellini ci si immagina subito in una sorta di miraggio della Belle Époque in mezzo al resto della località balneare.
Fellini lo conferma: ci sono due Rimini, come ci sono due stagioni. “A Rimini la contrapposizione estate-inverno è molto più netta che altrove; è più di un semplice cambiamento climatico: due stagioni, due città. Molto diversi tra loro.” Afferma il regista parlando di Amarcord.
Fellini e Rimini? Una vera storia d’amore tormentata
Per chi è interessato ai legami forti e particolari del maestro e della cittadina, il compito è facilitato dall’esistenza di un libro, raro ma essenziale, scritto dallo stesso Fellini: La Mia Rimini. C’è tutta una storia intorno alla stesura di questo libro che sarà, come pochi sanno, l’origine di Amarcord. È raro che un grande autore accetti di confidare in questo modo sulle sue origini. Un esercizio spesso considerato regressivo, locale, particolare, l’esatto opposto della dimensione universale cui ogni artista rivendica.
Tuttavia, se Fellini ha accettato di stare al gioco, è proprio perché questa Italia, provinciale, mediocre, a volte oscena, questa “Italia tipica” delle origini stesse di Fellini, è allo stesso tempo quella che odia e della quale non può fare a meno a cui lancia uno sguardo di tenerezza.
“Perché sono nato in un paese così stupido?”, si chiedeva un giorno Fellini, guardando alla storia del suo Paese, il fascismo, la lottizazione, la mafia; un’Italia regressiva, questo paese di clown, sia letteralmente che figurativamente (la figura del clown ossessiona il cinema Felliniano), dell’uomo infantile, sempre immaturo, che si rifugia nei seni sporgenti delle donne simbolo della maternità, che Fellini rappresenta come gli amori imperituri. Perché è l’universo dell’infanzia, un universo irresponsabile ma, fondamentalmente, umano, non verniciato. Il mondo che Stendhal adorava. Tutti questi contrasti, Rimini li riassume all’eccesso. Sta al centro di questa Romagna bellicosa, che ha sempre rifiutato di “tenere il passo”, un paese di tradizione repubblicana, poi socialista, sempre critica.
“In Romagna le donne hanno atteggiamenti e slanci di sensualità orientale”, affermava il regista. Tutte le famose eroine felliniane sono reminiscenze di queste contadine romagnole che vedeva lavorare nei campi quando andava dalla nonna a Gambettola, un paesino dell’entroterra della Riviera. La Rimini di Fellini è ovviamente una Rimini da sogno. Inoltre Fellini non ha girato I Vitelloni a Rimini ma ad Ostia perché, diceva essere “una Rimini reinventata e quindi più vera”.
Per Amarcord, Fellini ha ricomposto Rimini, Piazza Cavour, il cinema Fulgor, il grand hotel, ecc. negli studi di Cinecittà. “Rimini, che c’è? È una dimensione della mia memoria (una memoria peraltro inventata, adulterata, manipolata), su cui ho giocato così tanto da provare imbarazzo”, confida nel suo libro. Ma è anche una sorta di “paradiso perduto”, come sottolinea Martin Scorsese. “Fellini ha ricreato Rimini per sospenderla nel tempo e nello spazio tra cielo e terra”.
Cosa rimane oggi come ricordo di Fellini a Rimini? «Il maestro resta motivo di orgoglio per la città», afferma l’amico Vittorio Boarini, direttore della Fondazione Federico Fellini, la cui presidenza onoraria è ricoperta da Woody Allen. Occhiolino, dunque, anche da un altro maestro.