Autoritratto di David Olère intitolato "Il cibo dei morti per i vivi"

Quadri sulla Shoah e sull’Olocausto: artisti ebrei della seconda guerra mondiale

L’abbruttimento dell’essere umano provocato dal Nazismo e dal Fascismo non dovrebbe mai uscire dalla memoria storica collettiva, perché essa costituisce l’ultimo baluardo di protezione, insieme ad un’educazione alla diversità pervasiva, contro il ripetersi di eventi così agghiaccianti. +

Le testimonianze della Shoah sono decine di migliaia, in tutte le forme: dai romanzi, come quelli Primo Levi, ai diari, come quello di Anna Frank o Dawid Sierakowiak, ai saggi, come “La banalità del male” della filosofia Hannah Arendt. Film, quadri, illustrazioni, poesie e romanzi scavano nel pozzo della memoria, esorcizzano la paura, la illustrano, mirano a metterla alla berlina di chi è ancora convinto fosse una giusta scelta.

Oggi parliamo di disegni della Shoah, e di forme d’arte intraprese da pittori ebrei famosi come mezzo di comunicazione ed espressione del proprio dolore collettivo e privato.

David Olère

David Olère è un pittore e scultore polacco, naturalizzato francese dopo la fine della II Guerra Mondiale. Venne internato nelle unità Sonderkommandos nel campo di sterminio di Auschwitz, e la sua produzione artistica mira ad esprimere il dolore della propria condizione, sia durante la detenzione che negli anni a seguire.

Durante gli ultimi giorni di prigionia, prima dell’ingresso ad Auschwitz delle truppe russe con la Liberazione, la sorveglianza delle guardie era meno severa. Fu per questo motivo che l’artista riuscì a iniziare a dipingere ed illustrare gli eventi di cui era stato vittima e testimone.

I suoi lavori vennero esposti fino agli anni ’60, quando si ritirò dalla carriera, a Parigi, New York, Berkley e Chicago.

Felix Nussbaum

Felix Nussbaum fu un pittore ebreo tedesco, assimilabile alla corrente pittorica surrealista. I genitori vennero uccisi all’inizio della guerra, e dopo lunghi tentativi di sfuggire alle persecuzioni, lui e la moglie vennero inviati ad Auschwitz nel 1944. Il pittore venne ucciso dopo pochissimi giorni di prigionia.

Il suo lavoro, i suoi disegni sull’Olocausto, raccontano anzitutto la difficoltà e il dolore della popolazione di confessione ebraica nel dover vivere da fuggitiva, nascosta, rinunciando ai propri valori o venendo messa alla berlina dei concittadini. La sua produzione artistica continuò in totale clandestinità, con l’appoggio di amici Il suo stile è visivamente scarno, fatto di linee essenziali, eppure caricate di enorme significato, emozione, dettaglio. Trionfo della morte, La strada desolata, Il rifugiato e Il segreto sono considerate le sue opere di maggiore intensità.

Marc Chagall

In Crocifissione bianca, del 1938, Marc Chagall parla delle persecuzioni razziali operate dal regime nazionalsocialista ai danni di ebrei, omosessuali, stranieri, rom, malati. Fortunatamente il pittore russo ed ebreo chassidico, naturalizzato francese, era fuggito negli Stati Uniti, dove potè continuare a farsi portavoce della lotta all’orrore nella libertà.

La pittura dai ghetti e dopo la Liberazione

Moltissimi artisti utilizzarono l’arte dai ghetti in cui erano rinchiusi, con valore terapeutico. Vogliamo ricordare tra loro Carol Deutch, Josef Kowner, Jacob Lipschitz, Pavel Fantl, Aldo Carpi, Richard Grune.

Molti altri recuperarono i propri lavori nei primi anni successivi alla Liberazione, spesso da nazioni in cui erano riusciti a trasferirsi e a ricongiungersi con i propri familiari e amici.